newsletter-viaggiapiccoli
HomeMondoThailandiaVillaggio donne giraffa: il nostro errore in Thailandia

Villaggio donne giraffa: il nostro errore in Thailandia

Abbiamo iniziato il nostro viaggio in Thailandia con un errore. Non è altro che un errore. E bisogna dirlo. Non andate. Siamo andati a vedere il villaggio Karen, il villaggio delle donne giraffa (le donne dal collo lungo) a 12 km da Chiang Rai. Ora vi spieghiamo perchè?

La nostra esperienza al Villaggio delle donne giraffa di Chiang Rai

Siamo arrivai  al villaggio delle donne Karen in auto di prima mattina, eravamo soli. Abbiamo scelto questo villaggio perchè cercando on line avevamo letto che era un “villaggio etico”, sorto per preservare le diverse minoranze etniche Ma l’impatto è stato subito negativo. Ci aspettavamo un villaggio, abbiamo trovato una fila di bancarelle con prodotti piuttosto scadenti e molti anziani e ragazze.



villaggio Karen

Gli anziani, quando ci hanno visto, sono corsi a indossare i vestiti tradizionali e ci hanno fatto una piccola danza. Erano felici e si vedeva che volevano “dimostrarsi all’altezza”. Ci hanno fatto un’intinita tenerezza, che, però, presto si è trasformata in amarezza.

Le ragazze (bellissime) sorridevano, invitavano a fare foto e chiedevano ai loro bimbi di sorridere e salutare.

Non era quello che ci aspettavamo.

Il consiglio è di non commettere il nostro stesso errore. Non andate, nè in questo nè in altri villaggi. Ovviamente è la nostra personale sensazione, ma non abbiamo trovato nulla di etico nella nostra visita.

I primi che abbiamo incontrato sono stati proprio gli anziani, della tribù Akha, e abbiamo pensato che per loro quello fosse l’unico modo per sopravvivere, per non scomparire. Abbiamo comprato un portapenne e tre braccialetti, ma era più forte il senso di imbarazzo che di generosità.

donne Akha

Abbiamo attraversato altri piccoli villaggetti e  siamo arrivati dalle donne giraffa: sempre sorridenti, sempre gentili, che invitavano a fare foto. Saremmo voluti fuggire via. Abbiamo salutato e sorriso il più possibile, ma la tristezza nel cuore aumentava ad ogni sorriso. Quelle donne le stavamo aiutando visitando il loro villaggio? O le stavamo sfruttando? O qualcuno stava sfruttando noi e loro?

Quando siamo tornati in albergo abbiamo cercato informazioni. E guardandola un video  di Repubblica abbiamo capito che era vera la terza ipotesi: qualcuno sftutta loro e noi.

villaggio donne collo lungo thailandiaAbbiamo scattato pochissime foto (da lontano), le mettiamo qui, perchè non vedrete più di questo. Loro sono tutte bellissime. I loro bambini sono bellissimi. Le sciarpe tessute al telaio sono meravigliose, ma queste donne, se noi turisti continuiamo ad andare, non saranno mai davvero libere.

Quando siamo usciti dal villaggio, con il fiato corto e il cuore pesante, stavano arrivando tre pullman pieni di turisti. Se avessimo potuto li avremmo fermati tutti.

villaggio donne collo lungo thailandia

Per entrare si paga un biglietto di circa 300 baht (meno di 10 euro). Un pannello all’ingresso spiega che un’associazione, grazie ai biglietti, aiuta queste famiglie, ha costruito una scuola e compra vestiti per l’inverno. Per questo avevamo scelto questo villaggio, ci era sembrato etico, sulla carta. Non sappiamo se lo sia, se c’entrano davvero i boss locali, se c’è addirittua di peggio, ma sappiamo quello che abbiamo provato, infinta tristezza e un grande disagio. Abbiamo sbagliato. Punto. E speriamo chealmeno  questo articolo serva ad altri turisti italiani.

Info tecniche sul villaggio Karen di Chiang Rai

Il “villaggio Karen” a circa 12 km da Chiang Rai non ospita soltanto le donne Kayan, note come “donne giraffa”, ma si presenta come un parco etnografico dove vivono ( o meglio, si esibiscono) diverse comunità di minoranze delle montagne del Nord. Il dépliant ufficiale parla di “Union of Hill Tribe Villages and Long Neck Karen” e invita i visitatori a scoprire uno “stile di vita autentico”.

Le etnie rappresentate sono diverse:

  • Lahu, chiamati anche Muser dai thailandesi, tradizionalmente cacciatori, legano la loro vita a valori di fertilità, salute e prosperità.
  • Kayaw, popolazioni originarie del Myanmar, storicamente nomadi; oggi le nuove generazioni sono spesso buddhiste o cristiane.
  • Kayan (o Long Neck Karen), le donne che indossano anelli di ottone al collo, fuggite dal Myanmar negli anni ’80 a causa dei conflitti nello Stato di Kayah.
  • Lu-mien o Yao, popolo attento alle regole di comportamento, storicamente legato alla cultura tibetana e cinese.
  • Akha, comunità montane numerose (circa 65.000 persone nel Nord della Thailandia), riconoscibili dai costumi elaborati e dagli ornamenti argentati.

La storia nascosta delle donne giraffa: migrazione e sfruttamento

Non entriamo nei dettagli, perchè non è nostro compito, ma per dare sostegno alle notre parole abbiamo ricostuito – e condividiamo con voi – che le donne giraffa appartengono all’etnia Karen Padaung, proveniente dallo stato birmano di Kayah. Negli anni ’80, a causa delle persecuzioni e della guerra civile in Myanmar, molte famiglie attraversarono il confine e si rifugiarono nel Nord della Thailandia.

A differenza di altri rifugiati, però, i Padaung non hanno ottenuto lo status legale né la cittadinanza thailandese: vivono in una condizione sospesa, senza reali diritti di lavoro o di movimento.

Qui nasce lo sfruttamento. Alcuni villaggi sono stati trasformati in attrazioni turistiche, vere e proprie “riserve umane”. Le donne vengono spinte a continuare la tradizione degli anelli di ottone, iniziata secoli fa e tramandata come segno di bellezza e identità, ma oggi usata come richiamo commerciale.

Organizzazioni come Human Rights Watch e varie ONG locali denunciano da anni la mancanza di libertà: chi sceglie di togliere gli anelli o di lasciare il villaggio spesso perde l’unico sostegno economico.

Perchè le donne Kayan portano gli anelli al collo

Le donne Kayan (o Padaung), note come donne giraffa, iniziano a portare anelli di ottone fin da bambine. Non è il collo che si allunga, ma il peso degli anelli che abbassa le clavicole e deforma la gabbia toracica, creando l’illusione di un collo molto lungo. Le ragioni sono diverse e intrecciano mito e tradizione: simbolo di bellezza, protezione dai rapimenti, difesa dagli attacchi delle tigri e legame con la figura mitica del drago, animale sacro nella loro cultura.

Per approfondire:

Quando siamo usciti dal villaggio delle donne giraffa ci siamo sentiti ricchi turisti occidentali, fuori posto. Ci siamo sentiti sbagliati. Ci definiamo “viaggiatori” , e allora ci chiediamo: viaggiare è anche quest, commettere errori, provare disagio, avere il coraggio di raccontarlo?

Conserveremo il piccolo braccialetto comprato in questo villaggio come un monito, un ricordo scomodo ma prezioso. Per ricordarci che viaggiare con i bambini e scrivere di viaggi non significa solo collezionare bellezze, ma anche fermarsi a riflettere, scegliere con consapevolezza e – qualche volta – dire “non andate”.

RELATED ARTICLES

SCRIVI UN COMMENTO

Per favore inserisci il commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui

Weekend e gite

Non si possono sempre organizzare viaggi lunghi, e non è sempre vacanza, ma ogni occasione è buona per esplorare il mondo vicino casa, ecco perchè le rotte di esplorazione di Viaggiapiccoli sono anche local e cercano sempre nuove gite e eventi dedicati ai bambini nel weekend

Dove vuoi andare?

Stai programmando una fuga di un giorno, un weekend lungo, il viaggio dell’anno o un on the road con i tuoi bambini? Sei nel posto giusto clicca dove vuoi andare, cerca la destinazione e segui i nostri consigli… esiste sempre un viaggio giusto.