Milano non vive solo alla luce delle sue piazze e dei suoi grattacieli: sotto la città si nasconde un’altra storia, fatta di paura, attesa e speranza. Durante la Seconda Guerra Mondiale, mentre le sirene annunciavano i bombardamenti, centinaia di milanesi correvano verso luoghi come il Rifugio Antiaereo 87, per proteggersi dalle esplosioni.
Oggi, questo spazio rimasto intatto sotto la scuola Giacomo Leopardi, nel quartiere Bovisa, è un luogo della memoria dove il silenzio parla più di tante parole. Una visita qui è un viaggio indietro nel tempo, nei sotterranei della città, per capire com’era la vita durante i momenti più drammatici del conflitto.
Un rifugio nel cuore della Bovisa
Il Rifugio Antiaereo 87 fu costruito nel 1940, quando l’Italia era appena entrata in guerra. Si trova a circa cinque metri sotto terra, sotto l’edificio scolastico di via Bodio, ed era destinato ad accogliere studenti, insegnanti e abitanti del quartiere durante le incursioni aeree.
La struttura è in cemento armato, progettata per resistere alle onde d’urto delle bombe. I corridoi sono stretti, l’aria filtrava da prese di ventilazione, e i muri, ancora oggi, conservano scritte, segni e numeri lasciati all’epoca.
Un po’ di storia del Rifugio 87
Costruita tra il 1924 e il 1926, la scuola — inizialmente dedicata a Rosa Maltoni Mussolini — fu dopo la guerra intitolata a Giacomo Leopardi
Nel 1940, sotto le sue fondamenta, come dicevamo, il Comune allestì il Rifugio Antiaereo n. 87, con lo scopo di proteggere la popolazione dai bombardamenti dell’epoca
Con una superficie di circa 220 m² e una capacità di 450 persone, il rifugio era suddiviso in dieci “celle”, con due gabinetti alla turca, un rubinetto d’acqua e panche per l’attesa
Nel dopoguerra è rimasto inaccessibile finché, grazie all’impegno della Preside Laura Barbirato e dell’Associazione SCAM, è stato recuperato e trasformato in “museo di sé stesso”.
Come funzionava un rifugio antiaereo
Al suono delle sirene, le persone scendevano in fretta dalle scale e si rifugiavano nelle camerate, dotate di panche e servizi essenziali. L’illuminazione era minima, fornita da lampade protette, e l’ambiente, seppur angusto, rappresentava un porto sicuro. In alcune stanze sono ancora visibili le scritte di vernice rossa che segnalavano le uscite o le norme di comportamento.
A differenza di molti altri rifugi antiaerei milanesi, il n. 87 è arrivato fino a noi in condizioni quasi originali, senza trasformazioni significative. Visitandolo si percepisce ancora la sensazione claustrofobica di quei momenti, ma anche la forza e la resilienza di una comunità che si proteggeva unita.
Cosa si vede oggi al Rifugio antiaereo 87
Il Rifugio n. 87 è un luogo sospeso nel tempo: i corridoi, le pareti puntellate e la segnaletica originale raccontano il dramma della guerra con una forza tranquilla. Spazi stretti, panche, segni di vita quotidiana d’un tempo: ogni elemento fa vivere l’atmosfera delle ore in cui 450 milanesi si rifugiarono nei sotterranei per salvarsi.
Il regista Ermanno Olmi lo ha descritto nel suo libro Ragazzo della Bovisa, catturandone il silenzio e la tensione di quegli istanti.
Visita guidata al Rifugio n. 87
Il rifugio è oggi visitabile solo su prenotazione e nell’ambito di visite guidate organizzate. La visita proposta da Milano Guida dura circa un’ora e mezza e accompagna i partecipanti alla scoperta non solo del rifugio, ma anche del contesto storico in cui fu costruito.
Durante il percorso si cammina nei corridoi sotterranei, si osservano gli ambienti originali e si ascoltano racconti e testimonianze che riportano indietro di oltre 80 anni.
- Info sulle visite guidate
Dove si trova e come arrivare
- Dove: Via Bodio 22, Milano – quartiere Bovisa
- Come arrivare: Linea M3 (fermata Maciachini) o M5 (fermata Cenisio) + breve tratto in autobus. Autobus: Linee 82, 92.
Il Rifugio n. 87 è un piccolo teatro della memoria. Vista la sua autenticità e semplicità, offre un’esperienza educativa profonda per tutte le età: un viaggio silenzioso nei sotterranei della storia, alla scoperta di come la paura, la solidarietà e la speranza abbiano segnato quei giorni di guerra.