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Category Archives: Canada con i bambini

canada nono giorno 1000 chilometri di-Highway

Sveglia all’alba. È ancora buio. Il fuoco della tenda accanto a noi è ancora acceso, anche se piove. Smontare la tenda al buio e sotto la pioggia non è il massimo, ma non abbiamo scelta. Mettiamo i bambini in macchina e noi smontiamo la tenda il più velocemente possibile. Canada, nono giorno: mille chilometri di Highway. Partiamo da Bella Coola e ci dirigiamo verso Revelstoke. La nostra meta è Calgari, dove arriveremo domani.

Abbiamo scelto Calgari, non tanto per la città a cui dedicheremo poco tempo, ma perché nelle vicinanze c’è un rodeo del circuito nazionale e le date erano le uniche compatibili con il nostro viaggio. E poi a Revelstoke c’è una sorpresa per i bambini.

 

Canada, nono giorno: si comincia con la strada sterrata

I primi sessanta chilometri sono su una strada secondaria, di cui 15 da paura. Io, assieme ai bimbi, appena entrata in auto, mi addormento. Francesco rimane da solo alla guida. Piste sterrate ne ha fatte tante, ma questa, mi racconta dopo, stretta e scivolosa si arrampicava sulla montagna, con uno strapiombo da paura da un lato. La nebbia scendeva mentre l’alba ancora non illuminava bene la strada. Uno scenario terrificante, ci mancava solo che dietro una curva spuntasse un bigfoot. Per fortuna dormivo.

La pompa di benzina con la nonna e la bambina

canada post office

Abbiamo difficoltà anche a fare benzina. Ci fermiamo dopo oltre tre ore alla pompa di benzina di uno dei rari agglomerati di case e di vita che si incontrano da queste parti. Sono le 8,40, ma non c’è nessuno. Poi compare una donna anziana con una bambina di circa otto anni, scalza e con i capelli legati in una treccia evidentemente fatta da giorni. “Apriamo alle nove”, ci dice la donna con un sorriso. Lei da sola apre l’ufficio postale, il market e la pompa di benzina. La bambina le trotterella dietro. E lei continua ripeterle: “Lizzie, metti le scarpe, per favore”. Ma la bimba non sembra ascoltarla.

Una pizza fatta in casa nel mezzo del nulla

Io passo la mattinata tra sonno e veglia. Francesco guida. Ad ora di pranzo io e i bambini ci fermiamo a mangiare in un pub, Francesco rimane in auto a dormire. Ordiniamo una pizza e la signora del pub, una donna anziana, ma con lunghi capelli neri legati in due trecce, mi dice: “È fatta in casa, ci vuole più di mezz’ora”. Mi fa sorridere pensare a una pizza fatta in casa, lì nel mezzo del nulla”. Con i bambini approfittiamo per andare e fare un giro nel market. Enrico e Giulia si comprano delle caramelle a forma di fagioli colorati, io prendo un caffè. C’è il wifi e mando un messaggio a casa.

Torniamo al pub dove siamo gli unici clienti. Sui tavoli ci sono le schede del bingo e sugli schermi le estrazioni. Arriva la la pizza: enorme, un montagna di formaggio giallo, prosciutto tagliato spesso e sugo aromatizzato.

Non ce la facciamo a mangiarla tutta e facciamo mettere due fette in una scatola, che portiamo a Francesco.

Canada, nono giorno: mille chilometri di Highway

Ripartiamo. Dopo due fette di pizza e due caffè sono finalmente sveglia e guardo fuori dal finestrino. “Hai notato? – mi dice Francesco – questa è la loro autostrada, ma non è una striscia d’asfalto impersonale, attraversa il paesaggio: laghi, ponti, fiumi. Non ti annoi a guidare, sei incantato dal paesaggio che attraversi , le chiamano “Highway “ed è un’esperienza ad alta densità di bellezza”. Lo ascolto guardando fuori . Enormi camion con il muso d’accaio ci superano, riempiendoci di polvere e fango. Ai lati delle strade rincorro con lo sguardo i grandi cartelli, ricordando flash del film di Martin McDonagh.

Vediamo anche un arcobaleno e un treno merci lungo almeno duecento vagoni, non finiva mai…. Come la nostra strada: 14 ore di viaggio.

Arrivo a Revelstoke

Arriviamo a Revelstoke alle otto di sera. Siamo  tutti e quattro stanchisismi. L’insegna del nostro motel ha due lettere mancanti, ma la stanza è pulita e accogliente. Ci siamo noi e decine di motociclisti che si fermano sotto il portico a chiacchierare.

Giulia ha dimenticato al pub il suo libro di Isadora Moon. Si addormenta piangendo, mentre Francesco cerca di consolarla.

Domani altra sveglia all’alba. C’è una sopresa per i bambini.

 

Diario di viaggio: 21 giorni in Canada on the road

Primo giorno si parte

Secondo giono Vancouver e la caccia alle balene

Terzo giorno: Vancover, visita a Capilano e a Stanley Park

Quanto giorno:  Vancouver Island

Quinto giorno: la corsa delle capre a Victoria

Sesto giorno: in viaggio verso Port Hardy

Settimo giorno: l’Inside Passage

Ottavo giorno : faccia a faccia con gli orsi

 

Sulla rotta dell’Inside Passage in traghetto siamo arrivati a Bella Coola. Appena sbarcati ci hanno accolto un vento freddo, barche scrostate, colori gelidi. Abbiamo capito subito che avevamo oltrepassato un confine. Non esistono solo confini geografici o politici. Ci sono anche confini dell’anima. Canada, ottavo giorno: faccia a faccia con gli orsi.

L’arrivo a Bella Coola

Bella Coola è un agglomerato di case, con una pompa di benzina, un piccolo drugstore e un ristorante dove puoi mangiare cinese, hamburger e pasta. Il nostro campeggio è a 15 chilometri, ad Hagensborg.

Il campeggio nella terra degli orsi

Arriviamo al “Rip Rap Camping”, una piccola conca verde abbracciata dalle montagne, con un fiume sulla cui riva ci si può mettere in poltrona ed osservare i salmoni saltare fuori dall’acqua.

È zona di orsi, alla reception ci avvisano subito di stare sempre uniti e di non lasciare mai i bambini da soli (la nostra impressione, però, è che il rischio che un orso entri nel campeggio è davvero remoto).

Montiamo la tenda. I bambini sono molto eccitati per il campeggio e ci aiutano a montare la nostra Lhotse 4 Ferrino. Per fortuna si monta in un attimo. Mangiamo latte e biscotti, chiudiamo in macchina gli avanzi e andiamo a letto. Siamo tutti e quattro esausti. Ci addormentiamo abbracciati: “Mamma, papà, ma ci sono gli orsi?”. “Sì”. “Ma possono entrare nella tenda”. “No”. “Sicuri?”. “Sì, gli orsi non attaccano l’uomo se non si sentono minacciati e se non c’è del cibo che li attiri”. “Sicuro”. “Sì”. “Va bene, ci credo”. Ci addormentiamo tra paure e domande, con le orecchie tese a sentire i rumori nel bosco e il cuore che corre.

Canada, ottavo giorno: faccia a faccia con gli orsi

La mattina la dedichiamo al bucato. Come calcolato mentre facevamo i bagagli, siamo arrivati all’ottavo giorno. I bambini giocano sul prato. Alle due abbiamo appuntamento per la nostra escursione per vedere gli orsi.

canada orsi bambini

A Nord di bella Coola c’è un affluente del fiume principale che è il posto ideale per l’avvistamento. Una riva del fiume è quella degli uomini, con torri e piattaforme di avvistamento, l’altra è quella degli orsi che scendono lungo la riva a caccia di salmoni. Alcune torri sono private e a disposizione dei lodge, altre libere.

Con due bambini piccoli ci hanno permesso di fare solo il tour privato in gommone, più sicuro (in realtà, però, sospettiamo che il motivo del tour privato sia che i bambini non sempre hanno la pazienza necessaria all’avvistamento, e tenderebbero a dare fastidio alle altre persone) .

Canada, ottavo giorno: faccia a faccia con gli orsi: saliamo in gommone

Facciamo un lungo tratto in furgone. Ci addentriamo nella foresta. Ci fermiamo nel mezzo del nulla e saliamo su un gommone. La nostra guida si chiama Heiden. I bambini, con il loro salvagente allacciato, saliti sul gommone, pensano già a un’avventura tra le rapide del fiume. Heiden invece con i remi fa marcia indietro, si ferma in un’ansa del fiume e aspetta. Un minuto, due minuti… dieci minuti.

canada tour orsi

“Mamma, che facciamo?” i bambini dopo i primi attimi di eccitazione, diventano impazienti.

“Guardatevi intorno”.

“Mamma, mi sto annoiando”.

“Bambini, non è noia, è attesa”.

“Attesa di cosa?”

“Degli orsi”.

“Ma se stiamo fermi qui, loro arrivano?”.

“No, piccoli: non è uno zoo. Forse arrivano, forse no… bisogna guardarsi intorno, aspettare e avere fortuna.”

“Perché?”

“Perché uno zoo è il territorio degli uomini che mettono gli animali in bella mostra e li hanno sempre a disposizione. Questo invece è il territorio degli orsi e i tempi li decidono loro… se vogliono venire a salutarci bene, altrimenti niente”.

Heiden sblocca il gommone e partiamo.

Canada, ottavo giorno: faccia a faccia con gli orsi, lungo il fiume

Canada ottavo giorno faccia a faccia con gli orsi viaggiapiccoli

La corrente è forte, ma Heiden con i remi governa il gommone. Procediamo piano, spesso di lato, per fare attrito e rallentare. Ci fermiamo spesso e aspettiamo.

“Mamma, mi annoio”.

“Aspettate piccoli e guardatevi intorno”.

Aguzziamo lo sguardo, tendiamo le orecchie. Si sente solo il rumore dell’acqua. Ogni tanto si vede un salmone guizzare fuori dall’acqua. Heiden ci dice che non ce ne sono tanti in questo periodo. E se non ci sono salmoni, non ci sono orsi.

Tra pause e fughe in avanti seguendo la corrente, passa un’ora e mezza. I bambini silenziosi sono un po’ stanchi: “Mamma, si vedono solo alberi”.

Heiden a bassa voce ci parla degli orsi, di mamma orsa che si occupa dei piccoli fino ai tre anni. Il tempo si dilata. Ogni tanto piove per qualche minuto. Andiamo avanti.

Canada, ottavo giorno: faccia a faccia con mamma orsa

orso

E quando ormai i nostri occhi si sono abituati al verde, le orecchie al silenzio, il respiro al ritmo del fiume, eccola: mamma orsa con il suo cucciolo. Sbuca tra le fronde. Ci guarda. Non esita, punta i suoi piccoli occhi rotondi sul nostro gommone blu. È attirata dai colori dei nostri giubbotti rossi ? La fisso anche io. I bambini sono pietrificati di felicità. Rimaniamo tutti fermi, l’orsa e noi. È vicinissima, a circa 20 metri. Non di più. Non so quanto dura, non saprei dirlo.  Forse solo pochi secondi. Ma mamma orsa ed io ci fissiamo. Parliamo senza parole. La ringrazio di esserci venuta a salutare. Le dico che è bellissima, forte, superba e bellissima. Le parlo solo guardandola. Cerco di capire se mi risponde. Se anche lei mi vuole dire qualcosa. Ma non sono pronta per capirla, non ho gli strumenti.  Poi il cucciolo corre lungo la riva e la mamma lo segue. Continuiamo a guardarli mentre cercano da mangiare. Poi, come sono apparsi scompaiono nel bosco.

orso

Un tè con gli orsi

Siamo così eccitati che non diciamo nulla. Ognuno di noi tiene per se l’emozione appena vissuta. Non ci sono parole. Non le troviamo. Heiden sorride, sa di aver fatto bene il suo lavoro:  ci ha regalato un’emozione unica nella vita. È riuscito anche questa volta a creare un ponte tra la riva degli uomini e quella degli orsi.

Ci fermiamo in un’ansa e ci offre tè bollente e biscotti. Ci voleva qualcosa di caldo. Beviamo piano, bevono il te anche i bambini per riscaldarsi, poi continuiamo il giro per un’altra ora, ma non vediamo più orsi.

La sera andiamo a mangiare nell’unico ristorante di Bella Coola, con un menù assurdo: Francesco ordina noodles vietnamiti, i bambini ali di pollo fritte, io un hamburger vegetariano. Incontriamo Jade (la signora delle Bermuda conosciuta in traghetto) e suo marito e ci fermiamo a chiacchierare con loro. Poi subito a letto, domani mattina abbiamo la sveglia alle 4,30.

“Mamma, quanto era bello il cucciolo”, è l’ultima frase di Enrico. Stanotte nessun timore degli orsi, abbiamo imparato a guardarli negli occhi.

 

Diario di viaggio: 21 giorni in Canada on the road

Primo giorno si parte

Secondo giono Vancouver e la caccia alle balene

Terzo giorno: Vancover, visita a Capilano e a Stanley Park

Quanto giorno:  Vancouver Island

Quinto giorno: la corsa delle capre a Victoria

Sesto giorno: in viaggio verso Port Hardy

Settimo giorno: l’Inside Passage

 

 

 

 

Canada inside passage

La sveglia in piena notte. L’umidità del mattino. Il caffè amaro e bollente. La macchina che entra in retromarcia sul traghetto. Le pedane di ferro che cigolano sotto le ruote dei camper. Le prime luci dell’alba. La bandiera del Canada. Il traghetto che procede lento. Il vento che ti taglia la faccia. I corrimano sempre umidi. L’oceano Pacifico. Luci, odori, sensazioni: fa tutto parte del rito di “allontanamento” da ciò che siamo, per diventare altri. Rito che si ripete ad ogni viaggio. Lasciamo anche l’ultimo avamposto di Vancouver Island, Port Hardey e ci perdiamo tra i fiordi. Canada, settimo giorno: l’Inside Passage.

L’imbarco per l’Inside Passage

I bambini stamattina hanno protestato molto quando li abbiamo svegliati alle cinque: “È ancora buio, voglio dormire. Ho freddo, ho fame!”. Ma, appena entrati in auto, raggomitolati nelle loro felpe, si sono subito riaddormentati.

Le pratiche per l’imbarco sono lente. Bisogna presentarsi tra le 5,30 e le 6 per l’imbarco delle sette e mezza. Il cielo da nero diventa viola, poi blu, ed ecco il sole. Si parte.

Salutiamo Port Hardy dal ponte del traghetto. La terra si allontana. Fa freddissimo. Torniamo dentro a fare colazione, con caffè bollente, barrette di riso con gli Smarties e scones ai bluberry. I bambini si riaddormentano. Io inizio a leggere il mio libro: “Il tempo della fine” di Alice Munro. Francesco invece è a metà del suo “A column of fire” di Ken Follet.

Una giornata sul ponte del traghetto persi tra i fiordi

Canada settimo giorno inside passage famiglia

Durante la giornata usciamo più volte sul ponte. Per un’ora c’è un sole caldo. Ci togliamo anche le felpe. Leggiamo, chiacchieriamo e guardiamo il mare, accompagnati da branchi di delfini. Vediamo anche tre balene. Alla prima balena gridiamo eccitati, alla seconda sospiriamo, la terza la guardiamo in silenzio. Il paesaggio ci sta assimilando, lo straordinario diventa normale. Il mare, gli spazi enormi… le balene che emergono, salutano e scompaiono: è la nostra normalità. Respiro a pieni polmoni e chiudo gli occhi, per cercare di perdere davvero ogni punto di riferimento.

 

Canada, settimo giorno: l’Inside Passage

L’Inside Passage è una rotta interna ai fiordi che porta fino a Prince Rupert e poi in Alaska. È l’inizio dell’avventura. Il traghetto non si allontana mai dalla terra ferma, ma arriva lì dove non ci sono strade, lì dove l’uomo non ha urgenza di essere e lascia spazio alla Natura.

Canada settimo giorno inside passage

Tra i viaggiatori, oltre alla nostra, ci sono solo altre tre famiglie, tutti gli altri sono coppie e ci sono molti anziani. Non so perché. Penso perché loro non hanno più fretta.

Chiacchieriamo con Jade, lei vive alle Bermuda ed è venuta in Canada a trovare sua figlia. Ha un nipotino di otto anni che assomiglia ad Enrico.

Canada Diario

Sono dieci ore di traversata. Mi guardo intorno. Per la prima volta noto che pochissimi hanno il cellulare in mano. Alcuni dormono, in tanti scrivono (a mano) su agende e grandi quaderni e leggono libri spessi e consumati, tre amici giocano a un gioco da tavolo, una ragazza bionda disegna il suo diario con gli acquerelli; le chiedo una foto, anche se non capisco cosa c’è scritto, è bellissimo. Nessuna foto, nessun filtro, niente like per fermare i ricordi. Si chiama Ariane, parla tedesco, è in viaggio con il fidanzato e in due stanno scrivendo e disegnando un diario di viaggio: per ogni tappa pensieri scritti a mano e un acquerello. Un amico che viaggia con loro sorride : “Sono artisti”. La invidio, vorrei sapere disegnare. Enrico e Giulia si fermano al loro tavolo a guardare i disegni e poi a giocare a carte, a uno strano gioco svizzero che ha origini cinesi, ma forse non ho capito bene.

Il messaggio in bottiglia di Danika Naccarella: “Continuiamo sempre a cambiare”

E come un messaggio in bottiglia… quasi per caso, mentre torno dal ponte, su una parete del traghetto, accanto a balene e orche stilizzata con i tratti allegorici tipici dei nativi americani, leggo una frase di Danika Naccarella. Non ho ovviamente idea di chi sia, sono attirata dal cognome che ha un suono italiano. Leggo che è artista, specializzata in murales e tatoo, discendente dei nativi americani Nuxalk e Gwa’sala- ‘Nakwaxda’xw. So poco della cultura nativa americana, ma in queste terre è impossibile ignorarla.

Ovunque ci sono totem e disegni che trasformano gli animali in spiriti guida. Il messaggio di Danika è un messaggio per i ragazzi: “Se vuoi davvero raggiungere i tuoi obiettivi devi sempre continuare a crescere e a imparare , devi continuamente cambiare”.

canada traghetto inside passage

È solo una frase scritta su una parete di un traghetto, ma la faccio mia, qui dove non ho nessuno dei mie soliti punti di riferimento a cui aggrapparmi, dietro cui nascondermi: “Se hai un obiettivo, devi essere pronto a cambiare”!

 

 

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Primo giorno si parte

Secondo giono Vancouver e la caccia alle balene

Terzo giorno: Vancover, visita a Capilano e a Stanley Park

Quanto giorno:  Vancouver Island

Quinto giorno: la corsa delle capre a Victoria

Sesto giorno: in viaggio verso Port Hardy

 

Canada sesto giorno in viaggio verso Port Hardy Campbell River molo

Stamattina sveglia presto, lasciamo Victoria e andiamo a Nord di Vancouver Island. Canada, sesto giorno: in viaggio verso Port Hardy.

Canada, sesto giorno: in viaggio verso Port Hardy

Quattrocento novantacinque chilometri in macchina: oggi è una giornata di trasferimento. E anche domani sarà una giornata di viaggio, ci imbarchiamo per fare la prima tratta della rotta dell’ “Inside Passage” (che porta fino all’Alaska) per poi deviare e fermarci a Bella Coola, piccolo centro abitato nel mezzo del nulla, ai margini delle foreste dove vivono gli orsi.

La British Columbia ha la più grande concentrazione di Grizzly. E noi dopo essere usciti a caccia di balene, aver toccato lombrichi e tarantole e accarezzato capre, ci addentreremo nelle foreste a caccia di orsi

Sull’autostrada procediamo piano, non si possono superare i cento chilometri all’ora, in alcuni punti la velocità massima si abbassa agli 80 (in Canada usano i chilometri come in Europa e non le miglia come in America) . E ci sono una serie di semafori.

Più andiamo avanti e meno macchine vediamo. Per pranzo ci fermiamo a Campell River. Gli abitanti dell’isola dicono che qui finisce la civiltà

 

Canada, sesto giorno: in viaggio verso Port Hardy. Tappa Campbell River

campbell river discovery pier

E anche in un giorno di trasferimento , in cui maciniamo chilometri, troviamo un piccolo gioiello. Per pranzo ci fermiamo in questo paese di pescatori. Mangiamo pizza (non so perché, ma sia Francesco che io adoriamo le pizze americane) e spaghetti (Giulia ha avuto il coraggio di mangiare spaghetti con il ketchup ) e facciamo una lunga corsa sul “Discovery Pier”.

C’è un vento pazzesco e solo mare intorno a noi. I bambini corrono e gridano e il vento si porta via la loro gioia e la disperde tra le nuvole, come fossero voci d’angeli.

Campbell River, Discovery Pier

campbell river discovery pier

C’è talmente tanto vento che Giulia a un certo punto si blocca, ha paura di volare via. Ma c’è Enrico che l’abbraccia forte: “Non avere paura, ti tengo io”.  Da figlia unica, mi commuovo sempre quando li vedo così uniti. In viaggio poi, sono solo loro due e noi. Siamo solo noi quattro …e i legami si intrecciano, fitti e forti.

Sul molo i bambini fanno la gincana tra le vasche per la pulizia del salmone e  i tavoli per i pic-nic. Dietro  un casotto blu, che sembra dipinto, un ragazzo solitario lancia la lenza e attende.

Campbell River, Discovery passage aquarium

discovery passage aquarium campell River

E prima di riprendere il viaggio visitiamo il “Discovery passage aquarium”. Piccolo e magnifico. È un acquario dove i bambini non solo possono vedere i pesci, ma li possono toccare e scoprire. Ci sono circa cento specie differenti di pesci locali, come il salmone, il polipo, ma anche le stelle marine e anemoni.

Siamo stati solo mezz’ora, ma è stata un’esplosione di sensazioni: ruvido-liscio, duro-morbido, freddo-caldo. Un’’altra riserva di carezze date e ricevute.

Campbell River è stata solo una tappa di passaggio, ma è da scoprire. All’ufficio informazioni ci hanno consigliato anche lo snorkeling con i salmoni, le Elk Falls (a due chilometri dal centro abitato) e il museo sulla cultura indigena.

 

Arrivo a Port Hardy

Ripartiamo da Campbell River; l’autostrada è finita e procediamo su una strada a due corsie. Intorno a noi solo alberi. Davanti alberi e cielo. Un orso cucciolo ci attraversa la strada (giuro, abbiamo il video nelle nostre stories di instagram) e arriviamo nel nulla.

Una notte di sosta, in un ostello con la cucina  tipica americana e i letti a castello. Domani sveglia alle cinque. Sarà dura. I bimbi sono crolalti subito. Io  sono in cucina a scrivere, sento il vento premere contro i vetri e trovare spazi nelle fessure, lo sento freddo fare mulinelli sotto il tavolo. Vado a dormire. L’alba è vicina.

 

 

Diario di viaggio: 21 giorni in Canada on the road

Primo giorno si parte

Secondo giono Vancouver e la caccia alle balene

Terzo giorno: Vancover, visita a Capilano e a Stanley Park

Quanto giorno:  Vancouver Island

Quinto giorno: la corsa delle capre a Victoria

 

 

Fattoria bambini capre

C’è una fattoria dove non si producono né latte, né formaggio, ma solo carezze. Nel cuore di Beacon Hill Park, a Victoria (Isola di Vancouver) c’è la Children’s farm di Neil Koenders e sua moglie Keely: 54 capre che ogni giorni regalano e ricevano centinaia di carezze, abbracci baci. Canada, quinto giorno: Victoria e la corsa delle capre.

bimbo capretta

Canada, quinto giorno: Victoria e la colazione con il Morning glory

Adoro le colazioni lente, ma a casa tra corse e eterni ritardi è difficile concedersi del tempo: un caffè e un biscotto e sono già in strada verso il lavoro, con gli occhi ancora pieni di sonno. In viaggio, invece, uno dei momenti importanti è la colazione: si decide cosa fare durante la giornata, si consultano guide e mappe e con i l wi-fi dei locali si danno segni di vita a casa, alle nonne eternamente preoccupate.

Stamattina a Victoria abbiamo trovato un locale americano, quelli che si vedono nei telefilm come quello di Harry Quebert o quello dove lavorava Brandon a Beverly Hills. E qui ho scoperto il Morning Glory: un muffin con carote,  mele, uvetta, cannella. Una poesia. Davvero un inno di gloria al buongiorno, come i fiori che portano lo stesso nome, le “belle di giorno”.

E ho aggiunto caffè lungo e bagel. Francesco e i bambini hanno ordinato anche salsicce e bacon. La giornata è iniziata nel migliore dei modi.

 

Canada, quinto giorno: Victoria e il minimondo

Carichi e di ottimo umore siamo andati alla scoperta di Victoria, dopo la prima passeggiata di ieri per le strade della città. Per oggi abbiamo programmato una giornata tutta a misura di bambini. Prima tappa il mini mondo. Un museo in miniatura: si parte dallo spazio, si attraversano scene di battaglia, dalla Guerra dei Trent’anni fino alla seconda guerra Mondiale, per arrivare alle favole ( Gulliver, Titania, Biancaneve), alle case della Bambole.

Un piccolo mondo con i treni a vapore, ponti, gallerie, lucine e mille dettagli infinitesimamente piccoli e precisi. C’era Il London Bridge nell’Ottocento e la conquista del West. Un vero viaggio nello spazio e nel tempo. E per chiudere la nostra sala preferita: Re Artù e i cavalieri della tavola rotonda.

Il museo è molto antico, ma perfetto. Ogni teca, che protegge i mini mondi, ha pulsanti interattivi, per accendere luci, aprire porte, far volare streghe.

Io sono stata forse dieci minuti a guardare tutti i dettagli della casa delle bambole dei miei sogni, Giulia a far girare il carosello (la sua giostra preferita) e Enrico a inseguire il treno a vapore. Francesco credo che abbia contato tutti i soldatini caduti in battaglia.

Canada, quinto giorno: Victoria e lo zoo degli insetti

Seconda tappa della mattinata: “The Victoria bug Zoo“. Non lo avevamo trovato in nessuna guida e non era programmato, ma Enrico lo ha visto lungo la strada e non c’è stato modo di distoglierlo: siamo dovuti entrare.

Bu zoo Victoria

Solo due stanze con una trentina di teche e la ricostruzione di un formicario. Piccolo ma come tutto qui in Canada, molto curato: c’è un tavolo con gli sgabelli per disegnare gli insetti preferiti e per le teche più alte ci sono degli sgabelli su cui i bimbi più piccoli possono salire.

Ma la cosa più bella è che una guida (in inglese) ti accompagna nella visita apre tutte le teche e non solo ti spiega la vita e le abitudini degli insetti, ma te li fa toccare.

Premetto che io, ovviamente, non ne ho toccato uno. Ma era affascinante vedere come i bambini si passavano lombrichi, cavallette, bruchi e scarafaggi, di mano in mano, come piccoli oggetti fragili e preziosi. Una catena di manine, insetti e amore.

Giulia ha voluto toccarli tutti e farsi un milione di foto da far vedere alla nonna. “Sai come si spaventerà”, rideva a ogni foto.

“Mamma, ho deciso, come animale domestico voglio una tarantola. Riconosce le voci, impara anche piccoli comandi e bisogna solo darle dei vermi da mangiare e spuzzarla con acqua ogni due giorni. Si può comprare on-line e costa tra i 50 e i 100 dollari. E la nostra guida ha detto che è meno pericoloso tenere una tarantola in casa che non avere un cane o un gatto”. Enrico è uscito dal museo parlando di tarantole da tenere accanto al cuscino e io so  già che l’argomento “tarantola-animale domestico”, sarà il tormentone del viaggio.

 

Il biglietto di ingresso per i bambini sotto i quattro anni è gratis, dai 5 ai 17 anni è di 8 dollari e per gl iadulti di 14 dollari. ed è aperto tutti i gironi dalle 10 del mattino alle cinque del pomeriggio.

 

Pic Nic a Beacon Hill park

Per pranzo abbiamo comprato, panini, formaggio e biscotti e siamo andati a Beacon Hill Park, un parco urbano sulla collinetta che domina Victoria. Abbiamo pranzato tra oche, papere e scoiattoli in riva al lago con la fontana. Avete mai visto una fontana in un lago? Idea bizzarra, ma l’effetto è super romantico.

Giulia ha trovato un’amica , Kai, che le ha dato noccioline e semini per avvicinare scoiattoli. “Mamma, come è gentile questa bambina, viene al parco per dare da mangiare agli animali” e non sapendo come sdebitarsi per aver condiviso le sue noccioline, le ha scattato una foto con la sua polaroid e gliel’ha regalata: “Questa è la prima foto della mia vita che stampo, è per te”.

Scoiattolo

Kai e Giulia non si vedranno mai più, ma Giulia conserverà l’emozione di aver dato per la prima volta da mangiare a uno scoiattolo e Kai avrà la sua Polaroid con una piccola buffa bambina italiana.

Beacon hill Parck Victoria british columbia

Canada, quinto giorno: Victoria e la fattoria dei bambini

Dopo pranzo, l’ultima tappa della giornata è la nostra piccola sorpresa: la fattoria dei bambini.

L’ingresso è gratuito, ma è consigliata un’offerta di 4 dollari per gli adulti e di tre per i bambini.  

È una vera e propria fattoria, con i maiali, i pulcini, gli alpaca. I bambini possono vedere tutti gli animali da vicino e ci sono dei pannelli che ne spiegano abitudini e caratteristiche.

Ma la vera attrazione è il recinto alla fine della fattoria: l’area delle carezze.

Dentro questo recinto ci sono capre e caprette libere e i bambini le possono accarezzare, coccolare, spazzolare.

Enrico e Giulia sembravano impazziti. All’inizio correvano da una parte all’altra per accarezzarle tutte. Poi , quasi in maniera naturale, ognuno di loro si è scelto una capretta preferita, l’hanno adottata e la seguivano ovunque.

 

A Victoria c’è una fattoria in cui si producono carezze

Mentre i bimbi giocano io mi fermo a chiacchierare con Neil, il fattore. “Era il sogno dei miei genitori avere una fattoria – racconta Neil- io sono cresciuto con gli animali e ora le mie 54 capre sono i miei bambini”.

Canada quinto giorno Victoria e la corsa-delle capre

Neil mi spiega che in questa fattoria non producono nulla e non sfruttano gli animali, li amano e basta. “Qui vengono tanti volontari ad aiutarci- spiega Neil- perciò riusciamo a portare avanti la fattoria e ogni giorno bambini con i loro genitori o i loro nonni vengono a trovarci. Insegniamo a tutti a toccare gli animali, a conoscerli, ad amarli. Non siamo più abituati al contatto con gli animali, qui cerchiamo invece di incoraggiarlo, come atto d’amore. Se ami gli animali li rispetti”. Neil parla e gioca con le sue capre. C’è Papaia che gli continua a girare intorno. Sì, perché ogni capretta ha un nome, proprio come un bimbo. “Ogni fattoria che si rispetti produce qualcosa- conclude Neil – Noi produciamo carezze”.

Alla mia domanda, se le capre possono essere infastidite da tanti bambini che le toccano e le rincorrono, lui sorride, con uno di quei sorrisi grandi e sinceri, si tira indietro il cappello di paglia e risponde: “Solo che non è abituato alle carezze ne è infastidito, noi qui invece le incoraggiamo. E le carezze sono contagiose”.

Canada, quinto giorno: Victoria e la corsa delle capre

In Canada lo abbiamo già capito, basta un po’ di fantasia per rendere straordinario l’ordinario. Sono le cinque del pomeriggio, le caprette devono andare nella stalla a dormire. Ed ecco che Neil ha trasformato questo rito in un evento: la corsa delle capre.

Tutti i bambini e noi genitori andiamo verso l’uscita e ci disponiamo sui lati del viale principale. Neil ci raccomanda: “Applaudite e incoraggiate le capre”. Il cancello dell’area delle carezze si apre, le caprette partono tutte insieme, belando e scalciano, e in una nuvola di polvere attraversano la fattoria e tornano nella stalla per la notte. Noi le salutiamo con l’appaluso più forte che riusciamo a fare e il cuore colo di gioia e di amore. Le carezze fanno davvero bene, a chi le riceve, ma anche a chi le dà.

Cena sul porto con salmone e fish and chips

Per cena torniamo al ristorante sul porto dove ieri avevamo visto pulire i salmoni: “Flying Otter grill”. Dal nostro tavolo si vede il porto: vediamo tornare gli Zodiac dopo l’uscita per avvistare le balene e i Canadair planare sull’acqua. Victoria conferma l’impressione del primo giorno: è una città in cui il tempo non corre mai.

 

Amici di viaggio

Come Giulia non rivedrà più Kai, io non rivedrò più Eduard e lui non leggerà mai questo blog, ma come un messaggio in bottiglia volevo ringraziarlo. Eduard può avere 20 anni e stava bevendo un drink al bancone del locale dove abbiamo cenato, con un amico dopo una giornata di lavoro al porto e mi ha aiutato a portare Enrico e Giulia addormentati in braccio. Portava Enrico e rideva: “Ma quanto è pesante?” . Lui in maglietta a mezzemaniche e io con due felpe. Mi ha accompagnato fino all’incrocio dove Francesco ci aspettava con la macchina e rideva sempre, anche perché io comunicavo con Francesco con i walkie-talkie . “Voi italiani siete troppo divertenti, usate le radio e poi…  qui nessuno avrebbe chiesto aiuto a un estraneo. Ma sono troppo felice di averti aiutata”, mi ha detto salutandomi. In una giornata di carezze, un grazie per i nostri  amici di viaggio.

 

 

Diario di viaggio: 21 giorni in Canada on the road

Primo giorno si parte

Secondo giono Vancouver e la caccia alle balene

Terzo giorno: Vancover, visita a Capilano e a Stanley Park

Quanto giorno:  Vancouver Island

 

Giornata di trasferimento, abbiamo lasciato Vancouver e siamo arrivati a Vancouver Island. Faremo due giorni di stop a Victoria, la più antica città della provincia e la più grande dell’isola di Vancouver. Canada, quarto giorno:  Vancouver Island.

traghetti British columbia

Al quarto giorno lasciamo Vancouver

Abbiamo affittato un’auto e preso un traghetto. Dormiamo in una casa che sembra quella dei telefilm americani, con il vialetto per parcheggiare l’auto, il pratino verde e la doppia porta con la zanzariera.

Canada, quarto giorno: Vancouver Island. Una passeggiata a Victoria.

victoria parlamento

Oggi pomeriggio abbiamo fatto un giro a piedi per Victoria. Abbiamo passeggiato lungo il porto Inner Harbour, tra idrovolanti, taxi-boat e barche per l’avvistamento di orche e balene, ci siamo fermati nel prato del Parlamento, a goderci il sole insieme a studenti e turisti , abbiamo ammirato l’elegante Fairmont Empress, hotel  famoso per il tè pomeridiano, ci siamo persi tra gli le botteghe indipendenti di Johnson Street e abbiamo cenato in un pub tra Wharf Street e Bastion Square.

Lo show del salmone e delle foche

I bambini sono rimasti incantati sul molo ad assistere (quasi come fosse un vero spettacolo) alla pulizia dei salmoni, con foche e gabbiani che rubavano gli scarti.

A Victoria c’è tempo per la bellezza

Se Vancouver mi ha stordita con i suoi grandi spazi, Victoria, leziosa e curatissima (con i cesti di fiori ai lampioni e le aiuole intagliate a forma di orca) mi ha avvolto con la sua calma. Sul ponte ci siamo fermati da Susan Paune, che fa giochi ecologici con stoffa e legno e siamo rimasti incantati, come al canto di una sirena, da una ragazza che, in abito da sera azzurro, suonava l’arpa.

A Victoria contano i dettagli, perché c’è il tempo di osservarli. Su Wikipedia ho letto stasera che “è stata più volte premiata come una delle città più belle e vivibili del paese”.

Quando si dice che il viaggio è una scuola di vita. Non mi serviva leggerlo su Wikipedia, su un libro o su un giornale. Mi è bastato un pomeriggio di sole per capire che Victoria ha un ritmo diverso. Non è una cittadina lenta. Anzi è vivace, colorata, indaffarata. Ma,  in una città dove si intagliano le aiuole, secondo voi c’è stress? No, c’è il tempo di farlo e c’è il tempo per ammirarle. C’è il tempo per bere con gli amici su un molo del porto (ci sono tantissimi pub), per attendere l’avvistamento di una balena…. c’è il tempo di creare e condividere idee (tantissime bancarelle e boutique di artigiani locali e di artisti indipendenti).

A Victoria c’è tempo per la bellezza.  Non sono abituata. E mi stupisce.

 

    

 

iario di viaggio: 21 giorni in Canada on the road

Primo giorno si parte

Secondo giono Vancouver e la caccia alle balene

Terzo giorno: Vancover, visita a Capilano e a Stanley Park

 

capilano

I marinai, dopo un lungo periodo di navigazione, quando scendono dalla nave, soffrono il mar di terra. Dopo essere stata sospesa tra terra e cielo,  ho le vertigini. Una sensazione strana, come se non sapessi più quale dei due è il  mio elemento. Terzo giorno di viaggio in Canada. Ultimo giorno a Vancouver: Capilano e a Stanley Park.

Una giornata in cui abbiamo scoperto la libertà, abbiamo camminato sospesi tra gli alberi e oscillato come sul ponte di una nave, solo che sotto di noi non c’era acqua, ma solo aria.

 

Canada terzo giorno, Vancouver: Capilano

Qual è la vostra missione nella vita? Ognuno di noi se n’è scelta una o se l’è ritrovata. Sorriderete, come ho fatto io, scoprendo che la canadese Nancy Stibbard nella vita ha deciso di creare cose straordinarie e spettacolari per stupire gli uomini e farli tornare bambini.

È stata lei che nel 1983 ha trasformato il vecchio ponte sospeso, realizzato nel 1889 da George Grant Mackay, in una grande attrazione turistica.

Un ponte lungo 137 metri e sospeso a 70 metri di altezza.

Noi siamo arrivati all’apertura (si raggiunge con una navetta gratuita dal centro di Vancouver) alle otto del mattino: eravamo quasi da soli e ce lo siamo goduti.

Devo dire che quella più esitante ero io, i bambini come due uccellini volavano sul ponte. Francesco ha fatto il coraggioso, da bravo papà. Io un paio di volte  mi sono fermata e afferrata ai corrimano. Soprattutto al centro, l’oscillazione si sente moltissimo. Anche se non ho esitato ad allungare lo sguardo oltre i parapetti, per guardare il fiume.

Mi ha assalito immediatamente una vertigine, ma di piacere.

 

Capilano, il grande parco dedicato alla Natura

Attraversato il ponte si entra in un grande parco dedicato alla Natura. C’è un’area per i rapaci e un percorso di ponti sospesi tra alberi, laghetti e punti di osservazione.

capilano

Quando siamo usciti da questo parco eravamo stupiti (missione compiuta per Nancy Stibbard), ma, riflettendoci bene, la cosa grandiosa di questo parco è l’organizzazione. Hanno trasformato la Natura in qualcosa di divertente.

Un bosco, senza essere stravolto, è diventato adrenalina, scoperta, stupore.  Non è servito molto: alberi secolari, rapaci, scoiattoli, un fiume… c’era già tutto. L’uomo ci ha messo solo un pizzico di fantasia.

Il parco è diviso in sei stazioni, ad ogni stazione bisogna mettere un timbro sulla mappa, per ottenere all’uscita “l’attestato”. Per i bambini, oltre a pannelli esplicativi e giochi, c’è una vera e propria caccia al tesoro. Cosa bisogna trovare? I nomi degli alberi, gli scoiattoli, le foglie d’acero. Enrico e Giulia giocando hanno imparato la bellezza della natura in Canada.

capilano park

Capilano, il Cliffwalk

E se l’arrivo è spettacolare con il ponte sospeso, anche l’uscita è con colpo di scena con la passeggiata sulla passerella tra gli alberi del Cliffwalk.

Ti senti come una fata che svolazza tra le cime dei grandi alberi.

A Capilano al nostro rientro dedicheremo un post con tutte le informazioni tecniche

 

Pranzo in giardino

Per pranzo siamo tornati nel centro di Vancouver e siamo andati a Stanley Park, un parco immenso. Per darvi solo delle misure, è una volta e mezzo Central Park… grande come cento campi da calcio. Abbiamo pranzato da Stanley’s Bar e Grill, su una terrazza immersa nel verde (quanto verde! ma qui in Canada ci dovremo abituare), mangiando hamburger e patatine. I bimbi avevano colori e fogli per disegnare. Una pausa per assimilare la bellezza di Capilano e ripartire.

 

Canada terzo giorno, Vancouver: Stanley Park

Se vuoi essere un vero canadese, Stanley Park lo giri in bici. Volevamo affittarne, ma c’era una fila pazzesca e per avere due bici con rimorchio per bambini c’era un tempo di attesa indefinito, perciò abbiamo rinunciato ed abbiamo girato il parco a piedi.

È immenso.

stanley park palygroundNon siamo riusciti a vederlo tutto a piedi, ma ovviamente con i bambini non potevamo rinunciare al giro sul trenino (un vero must) ed alla pausa al playground in legno.

Per chiudere, una passeggiata romantica sul lungomare e una pausa al tramonto sul lago dei castori.

A Stanley Park al nostro rientro dedicheremo un post con tutte le informazioni tecniche

Canada terzo giorno, Vancouver: i grandi spazi

Siamo tornati a casa presto. Sulla strada ci siamo fermati a fare la spesa al supermercato. Inserirei i supermercati nelle guide turistiche. Se a Granville Market abbiamo visto ciliegie grandi quanto angurie e angurie grandi quanto ciliegie, qui c’era un panino che – se messo in piedi – era alto quasi quanto Giulia.

Siamo andati a letto esausti.

Scrivo le ultime righe e mentre chiudo gli occhi penso che sono sfinita dagli alberi altissimi, dal ponte, dal parco con prati che si susseguono, dalla passeggiata sul lungomare.

Io, abituata a una città in cui gli spazi sono ridotti, le strade strette, la vista sempre limitata, sono provata da tanta grandezza… il mio sguardo e la mia anima non sono abituati.

I liquidi quando cambiano recipiente, si adattano senza fatica e prendono nuove forme, l’animo umano è più restio ai cambiamenti, quando sei abituato al piccolo, il grande ti spaventa, ti fa venire le vertigini.

Mi addormento con il mal di terra.

 

Diario di viaggio: 21 giorni in Canada on the road

Primo giorno si parte

Secondo giono Vancouver e la caccia alle balene

coda balena

“Ormai le conosco, a loro piace fare tre o quattro spruzzi, poi salutano due volte con la coda e si immergono. Ma non sono andate via, devi solo aspettare sette-otto minuti e riemergono”. Enrico e Giulia, gambe a ciondoloni sospese sul mare, sguardo all’orizzonte, calcolano i tempi delle balene. Sette anni, Vancouver alle loro spalle, l’Oceano davanti a loro e un’emozione unica: vedere le balene così da vicino da poterle quasi toccare. Canada, secondo giorno: Vancouver, le balene e l’orogogio a vapore

Canada, un inizio con il botto

Organizzare un viaggio è come scrivere un libro, una canzone o un’opera teatrale. Devi partire piano, creare l’attesa e arrivare al colpo di scena. Ma, a volte, quando programmi le tappe, alcuni incastri proprio non li riesci a fare. E allora tutto si stravolge e l’ordine cambia. Nel nostro viaggio in Canada siamo partiti con il botto. Primo giorno: siamo usciti in barca a caccia di balene, orche, foche e leoni marini.

Sveglia all’alba con nove ore di jet lag

Qual è il vostro record da jet lag? Il nostro è nove, e nove ore di fuso orario sono tante da smaltire. Ma stamattina ci siamo svegliati alle sei, abbiamo fatto una bellissima colazione a a base di muffin, ciambelle e caffè americano per strada (c’è stato il Gay Pride il 4 agosto e ci ha accolto una città color arcobaleno , anche le strisce pedonali erano colorate) e siamo andati sull’isolotto di Granville. Per arrivarci dalla città si prende un piccolo ferry, che parte ogni pochi minuti dalla sponda opposta del False Creek (una insenatura di acqua mare che separa l’isolotto dalla terra ferma).

Canada, secondo giorno:  a Vancouver andiamo a caccia di  balene

Per l’uscita in mare avevamo prenotato con Wild Whales Vancouver uno Zodiac (gommone veloce), ma a causa del tempo incerto l’uscita è stata annullata ed abbiamo dovuto prendere una barca coperta. All’inizio ci siamo rimasti malissimo, ma poi la gita è stata comoda e ricca di emozioni e non abbiamo rimpianto lo Zodiac.

Tre ore di navigazione, avvolti dal blu e dal silenzio dell’oceano, rincorsi dai gabbiani. Tre ore di noi, con lo sguardo attento e impaziente,  a caccia di balene.

 

Bruce, il capitano, è il primo ad avvistarle. Sono due balene. La barca vira, ci avviciniamo, si apre il portellone e usciamo a prua. Si sente il rumore dell’acqua dallo sfiatatoio. Si sente il rumore forte e chiaro. Enrico nello spruzzo vede anche un arcobaleno. E poi le foche, i leoni marini… e anche i gabbiani, perché saranno animali comuni, ma vederli in mare aperto con le ali spiegate ti dà un piccolo brivido di libertà.

 

Enrico e Giulia scendono a terra stringendo forte al petto Eco (la balena di peluches) e Camilla (l’orca di peluche). Sono storditi dal vento e dal sale ed emozionati per aver visto le balene. Sono felici. E la felicità non ha età. Francesco ed io siamo felici per loro, ma anche per aver riempito i nostri occhi di mare e bellezza. Fa bene la bellezza.

Canada, Vancouver secondo giorno: Granville Island Public Market

Scesi dalla barca è ora di pranzo. E ci troviamo nel posto giusto. Sull’isolotto di Granville c’è un enorme, bellissimo, profumato e coloratissimo mercato. Frutta, verdura, carne, ma anche street food da tutto il mondo. I bimbi decidono di mangiare salsiccia tedesca, Francesco ed io sushi e rolls orientali. Mangiamo seduti su larghe panche che guardano sul porto, con il sottofondo musicale di un ragazzo che con la chitarra suona le canzoni dei Beatles.

vancouver giants

L’isola viene utilizzata anche per l’arte di strada. Ad ogni angolo ci sono suonatori, pittori, mimi. Uno dei simboli dell’isola sono sei silos di cemento colorati, realizzati per il progetto della Biennale di Vancouver. Sono i Giants (sì, si chiamano come la squadra di hockey sul ghiaccio della città) di due artisti brasiliani, Gustavo e Otavio Pandolfo.

La passeggiata sull’isola porterebbe via un’intera giornata. Ci sono decine di capannoni tematici, uno solo con serigrafie e dipinti, uno di oggettistica, uno di prodotti canadesi. C’è anche il Kids Market, da cui abbiamo fatto fatica a portare via i bambini, sono due piani di giocattoli e di giochi.

Ma rimaniamo solo due giorni a Vancouver e vogliamo vedere il più possibile, quindi riprendiamo i mini-traghetti e arriviamo a David Lam Park.

Canada, secondo giorno Vancouver: Gastown

La prima tappa del pomeriggio è Gastown, con l’orologio a vapore (che non va veramente a vapore, ma è diventata una delle principali attrazioni turistiche), la statua di John Deighton, chiamato da tutti “Gassy Jack”, il titolare di un bar di origini inglesi cui si deve la fondazione del quartiere. Gastown è il quartiere dei bar e dei localini e della movida. Bellissimi anche i negozi di designe per la casa e per la moda.

Canada, secondo giorno Vancouver: Chinatown
Vancouver chinatown
Ultima tappa, Chinatown (A Vancouver c’è la terza comunità cinese più grande del Nord America), dove io e Francesco abbiamo fatto una cenetta romantica da Bao Bei (al 163 di Kefeer Street). Perché romantica? Perché i nostri piccoli viaggiatori, dopo 14 chilometri a piedi e l’emozione delle ballene sono crollati. Prima su una panchina e poi al ristorante. Piccoli eroi, felici. Stanotte sogneranno nuvole, onde e balene.

Green Vancocuver

Anche io sono stanca. E domani abbiamo un’altra sveglia all’alba. Perché in questo viaggio abbiamo sovvertito tutte le regole dell’attesa e faremo un’altra cosa mozzafiato.

Qual è la mia prima impressione su Vancouver? Wow! Sì, direi. Wow. Sono tutti molto gentili ed accoglienti, pronti a chiacchierare o aiutarti. Stasera uscivo dal taxi con Giulia in braccio e una signora mi ha raccolto la giacca, mentre il marito chiudeva la porta. Ma a parte la gentilezza, mi ha colpito la grandissima attenzione per l’ambiente.

Ovunque ci sono fontane pubbliche per riempire le borracce (a differenti altezze: adulto, bambino e cane), pompe per la ricarica di energia elettrica delle auto, taxi ibridi, auto per il Car sharing (Car2go Vancouver), Sono attentissimi alla raccolta differenziata e hanno eliminato quasi completamente piatti e bicchieri monouso di plastica. Una ragazza al ristorante ci ha spiegato che è il progetto “Green Vancouver”: la città vuole diventare la più “verde” al mondo entro il 2020. Una bellissima “volontà” direi.

Canada, secondo giorno Vancouver: il posto più bello
negozio bottoni Vancouvr

Oggi è stata una di quelle giornate perfette. In cui tutto è andato bene. In cui ci siamo emozionati, abbiamo riso, abbiamo dato un morso a un wurstel e a un roll di salmone insieme. Ma se devo scegliere il posto più bello scelgo il negozio di Angela. Si chiama “Button Button” (318 Homer Street) ed è come una piccola scatola colorata di bottoni che provengono da tutto il mondo, di ogni forma e colore. Noi abbiamo comprato quattro foglie d’acero, una bianca, una gialla oro, una rossa e una giallina, che cuciremo sui nostri zaini. Quattro foglie che ci ricorderanno un negozio senza tempo, magico. Oggigiorno chi ha più bisogno di bottoni? Chi vuole sognare, chi vuole fermare il tempo con ago e filo.

canada partenza viaggiapiccoli

“Mamma, ci stiamo alzando da terra”. Giulia guarda eccitata fuori dal finestrino. Enrico ha il naso incollato al vetro. Ecco la frase magica: “Ci stiamo alzando da terra … Siamo in viaggio”. L’aereo decolla e come sempre provo una sensazione di paura e felicità. Direzione: Canada. Si parte.

Canada, i bagagli last minute

Torno indietro di 24 ore. Come sempre le ferie, tanto sognate, arrivano all’improvviso. Esco alle 17,30 dal lavoro. A Napoli ci sono quasi 40 gradi e sono intontita. Ci metto un po’ a capire che domani si parte. Devo ancora fare i bagagli. Francesco e io, ci mettiamo quattro ore, compreso il tempo per far cenare i bimbi e metterli a letto,

Prima sistemiamo sul lettone quello che pensiamo possa servirci, calcolando che non riusciremo a fare un bucato prima di otto giorni, poi proviamo a preparare gli zaini. Uno zaino da cento litri per Francesco e uno da sessanta per me. Quando ci rendiamo conto che gli zaini sono pieni come uova, inizia la lenta opera di scelta.

Il problema è lo sciroppo d’acero.
Che c’entra lo sciroppo d’acero?
Se in Canada vogliamo comprare lo sciroppo d’acero ( e lo vogliamo) per i nostri pancake della domenica, con gli zaini già pieni alla partenza, non abbiamo spazio per metterlo. E così in onore dello sciroppo d’acero lasciamo a casa: due felpe, due pantaloni e 12 magliette e i jeans dei bambini. Quando si preparano le valige bisogna sempre fare delle scelte. Senza rimpianti. Mai. Alla fine abbiamo: due zaini, 4 piccoli bagagli a mano, una borsa per tenda e sacchi a pelo e un trolley vuoto per i regali.

I veri viaggiatori dormono quando possono

Finiamo di fare i bagagli all’una e mezza di notte. La sveglia suona alle cinque del mattino. È durissimo alzarsi, ma l’adrenalina è a mille. Svegliamo i bambini. Giulia protesta, ma poi trova le forze per decidere di cambiare maglietta e leggins, perché quelli che avevo scelto io non erano abbastanza “fashion”.

Arriviamo in stazione a Napoli, prendiamo il treno per Roma, un treno per Fiumicino e l’aereo per Dublino.

fiumicino partenze
Le corse all’aeroporto di Fiumicino

Sul primo aereo ho solo un desiderio : “Voglio dormire”. E voglio far dormire i bambini per cercare di abituarli al fuso orario.

In Canada avremo otto ore di fuso orario e soprattutto arriveremo in piena notte, quindi, per farla breve: più dormono i piccoli durante il viaggio, meglio è.
Giulia, la dormigliona di casa, dopo il suo gridolino di felicità per l’aereo che decolla, crolla subito. Poi Francesco. Enrico resiste e vuole chiacchierare, poi finalmente si addormenta.

Bambini aereo
Enrico finalmente si addormenta

Anche io chiudo gli occhi, ripensando all’atmosfera dell’aeroporto: ragazzi in ciabatte e cappelli di paglia, una famiglia bellissima con valigie enormi, una coppia di anziani con piccoli e perfetti bagagli. Tutti corrono e non so neanche i loro nomi, eppure io immagino i tre amici in infradito diretti a Cuba, la famiglia con le tante borse e i bimbi vestiti di bianco su un’isola greca, la coppia di anziani…dove li faccio andare? Francia, sono tipi da castelli e buon vino. Piano pino volti e mete si confondono, sento il profumo del vino rosso del vino francese e vedo le case bianche e azzurre di Santorini… e mi addormento.

Ci risvegliamo tutti e quattro all’atterraggio. Enrico apre gli occhi e orgoglioso esclama: “Mamma, hai visto? Ce l’ho fatta ad addormentarmi, anche se non avevo voglia… Ci sono riuscito, perché sono un viaggiatore e dormo quando posso”. Lo bacio.

Canada, attenzione ai voli che prenotate

Quando la prima volta abbiamo visto i voli dall’Italia per il Canada c’era un volo con un solo scalo in Europa. Era gennaio. Poi aspetta, decidi bene, conferma le ferie, è arrivato magio e Francesco ha prenotato un volo con la British Airways  con scalo a Dublino e a Dallas e arrivo a Vancouver. Cosa non si fa per risparmiare… e pur di viaggiare!

A Dublino è iniziato l’incubo. La British non ci aveva permesso di fare il check-in on line, perché viaggiavamo con compagnie consociate. Quindi, atterrati a Dublino, siamo dovuti uscire dalla zona dei voli in transito, rifare il check-in e rientrare. Piccolo problema: facendo scalo a Dallas abbiamo dovuto passare la frontiera americana.

aereo bambina
Cosa significa?
Dopo aver fatto il check-in, ascensore incontriamo una famiglia di indiani, con carrello carico con una montagna di valige e un bimbo piccolo sulla cima; il papà sorride e ci dice: “Dovevo prendere ieri il volo per l’America, ma la fila dei controlli era troppo lunga e l’ho perso. Oggi ci riprovo. Buona fortuna anche a voi”.
Panico.

Salutati gli indiani ci aspettano: due controlli dei bagagli a mano e un nuovo controllo passaporti…. E una massa di persone informe davanti a noi. Un muro umano.

Se sei Italiano hai una marcia in più

Qui è scattato il fattore: “Napoli” . Qual è il fattore Napoli? Non potevamo rischiare di fare la fine dell’indiano e perdere l’aereo. Francesco ed io ci siamo guardati e senza dire nulla, biglietti in mano e bambini avanti, abbiamo chiesto di poter passare avanti per non perdere il volo. Abbiamo chiesto scusa, sorriso, spiegato e abbiamo corso come matti. Gli irlandesi, cinesi, indiani, lituani che abbiamo superato ci guardavano stupiti. Credo che nei loro paesi non si usi saltare la fila. Non la considerano proprio un’ipotesi possibile. Noi italiani ( ahimè!), sì. Non se sono orgogliosa, o forse un po’ sì, ma, alla fine superando una fila di centinaia di persone siamo arrivati all’imbarco, appena in tempo. Ci siamo imbarcati per ultimi, ma ci siamo imbarcati.
Chissà se la famiglia di indiani questa volta ce l’ha fatta?!

Canada, il volo aereo

Da Dublino a Dallas è un volo di otto ore e mezza. Appena saliamo sul Boeing, ci diamo il cinque, per l’impresa appena compiuta. Francesco è esperissimo nel prenotare i voli, però mai ci era capitato di dover uscire dall’area transiti. Abbiamo rischiato grosso.

Ci sediamo, fila 37… siamo proprio nelle ultime file e … abbiamo fame. Tra treni, corse e aerei, abbiamo mangiato solo un cornetto a Fiumicino ( e il mio ultimo caffè espresso) e sul primo volo (nonostante fosse un British) non davano da mangiare. Perciò siamo molto affamati. Per fortuna subito dopo il decollo passano le hostess con dei mini pretzels: siamo salvi.

Il volo passa veloce. I bambini sono stati buonissimi, tra cartoni animati e chiacchiere con gli altri passeggeri. Giulia regala zanzare fatte con i fazzoletti di carta a tutte le hostess.
Devo dire che nonostante sia una grande sostenitrice della Busy bag per i bimbi in viaggio e avendo mille giochi da viaggio, questa volta dovendo comprimere i bagagli abbiamo portato solo: un Tex per Enrico, un libro per Giulia, Lettore mp3 e la volpina di Giulia, che mi è sfuggita al controllo svuota bagagli. Ma, per fortuna, avendoli abituati a viaggiare da piccolissimi, ormai si sanno organizzare. Hanno li loro tempi di viaggio Giulia crea famiglie di zanzare con i fazzoletti, Enrico studia la sua nuova macchina fotografica e chiacchierano tanto con le hostess. Anzi a dire la verità Enrico è felicissimo che prendiamo tanti aerei. Ha preso da suo padre: “Mamma, è proprio un super viaggio se prendiamo tanti aerei”.

Alla fine faremo 18 ore di volo, calcolando gli scali. E’ pesante? Un po’. Ma i voli aerei costano tanto e così abbiamo risparmiato molto (circa duemila euro) , anche se abbiamo praticamente perso un giorno di viaggio. Ma anche il volo fa parte del viaggio….e così non lo consideriamo davvero un giorno perso.

Mi sono dimenticata tantissime cose

Secondo me non ho portato abbastanza felpe, non ho messo la crema per il viso e mi sono dimenticata di portarla, ho sbagliato a prendere gli occhiali e ho portato quelli con la gradazione vecchia e … ufff… sì, mi sono dimenticata un sacco di cose, ma siamo in viaggio e va tutto bene.
È questa la magia: rallentare anche la corsa dei pensieri. Non preoccuparsi sempre per tuto. Siamo in viaggio, siamo insieme, noi quattro, e vedremo luoghi bellissimi. Va tutto bene.

Cosa vedremo in Canada? Passo il computer a Francesco ( è lui che sa tutto), io metto gli auricolari e vedo “Dumbo” e “Coco” di Tim Barton, entrambi avrei voluto vederli al cinema questo inverno, ma non ci sono riuscita, in città non ho mai abbastanza tempo. Ora invece posso godermi anche due film di seguito, con i miei primi caffè lunghi. Il viaggio è iniziato.

Canada, si parte: cosa vedremo.

Un viaggio di 21 giorni on the road e in campeggio. Atterreremo a Vancouver e rimarremo in città per tre giorni, poi prenderemo due traghetti e punteremo verso Nord per vedere gli orsi e le balene, faremo  tappa a un vero rodeo (non di quelli per turisti) e chiuderemo con otto giorni  nei più bei parchi delle Montagne Rocciose.

Canada, siamo quasi arrivati

Ora siamo arrivati all’aeroporto di Dallas, abbiamo un’attesa di tre ore per prendere il nuovo aereo, altre quattro ore e mezza di volo e siamo arrivati.

I bambini dormono, in Italia sono le tre di notte. Buonanotte. Il wifi è lento…provo a dormire un po’ anche io. Domani saremo a Vancouver e il primo giorno c’è una sorpresa per i bambini… una sorpresa da rimanere a bocca aperta.